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SE NON DIVENTERETE COME I BAMBINI (presenti nel presente, qui ed ora), NON ENTRERETE NEL REGNO DEI CIELI (la consapevolezza) - Gesù di Nazareth -

Inside Out

INSIDE OUT ... UNA MAPPA INTERIORE
Più che un film è una fiaba dove si intravvedere la realtà di come funziona la mente umana, anzi più che una fiaba è una vera e propria descrizione psicologica del meccanismo di come si forma e si trasforma o si deforma il carattere umano; di come si inibisce o si traumatizza o si supera una crisi, di come agiscono o meno le emozioni. Una mappa direi della nostra anima (psicologia non è altro che lo studio dell'anima e dell'animo umano). Credo che il film meriti attenzione, meditazione, introspezione per cogliere, appunto, in questo meccanismo come potrebbero in ognuno di noi influire le nostre passioni. Ma ancora di più, credo che uno sguardo attento possa anche cogliere attraverso queste emozioni il cuore di una realtà che molti misconoscono o persino ignorano, e cioè l'anima umana, soglia di un mondo spirituale ormai allo sbaraglio, come lo dimostra anche il film in quel viaggio buio che confina con la distruzione e l'oblio.

L'UNIVERSO CHE SI MUOVE DENTRO DI NOI CHIAMATO ANIMA DIVINA (EVA) ED ANIMO UMANO (ADAMO)
Anche se l'essere umano non è una macchina, comunque, in tutti i tempi ci siamo sempre chiesti: come funziona questo essere complesso e diverso chiamato Uomo o Donna? Qual è il meccanismo che agisce dentro di noi? cos'è il carattere, le emozioni, i sentimenti? dov'è l'anima, dov'è l'inconscio, la memoria? ecc... Se aprite un cervello non vedrete mai un pensiero, se fate una radiografia a un cuore non vedrete mai un sentimento, eppure dentro di noi esiste un mondo spirituale che nessuno può negare. In questo film il colpo di genio sta nel scrutare quel mondo attraverso le immagine, direi, oniriche, l'unico linguaggio della psiche e cioè la fiaba, ragione per cui Gesù diceva: se non diventerete dei bambini non entrerete nel regno dei cieli cioè la vostra anima.

ESSERE UMANO ... LIBRETTO D'ISTRUZIONI
Quando compriamo una macchina, un elettrodomestico, un cellulare, ecc.. ci vien dato in allegato un libretto d'istruzioni, ovvio prezioso perchè chi sa meglio di noi come funziona al meglio quell'oggetto se non colui che l'ha creato? Lo stesso vale per l'essere umano, dunque da tempi immemorabili tutti si sono chiesti: come funziona il cervello, il cuore, l'anima cos'è, come si disattivano le passioni, come si mettono a posto le crisi e i traumi, ecc... la risposta è però alquanto controversa. Chi ha creato l'uomo dovrebbe darci questo libretto d'istruzione, quindi Dio e saltano fuori i testi cosiddetti Sacri in tutte le culture, una guida di comportamento per vivere al meglio, ma ben sappiamo come questi testi siano anche influenzati da condizionamenti storici, politici, religiosi, economici, nonché da mentalità in via di sviluppo molto antiche, dunque non è tutto oro quel che vi luccica. Il problema della conoscenza di se stessi è molto complesso nonchè pericoloso, per la semplice ragione che noi non siamo essere autodeterminanti, l'unica via d'uscita da questo labirinto mentale (vedere prossimo post dove spiego in cosa consiste). Soltanto coloro che escono dall'autodeterminazione, sono in grado di scrivere quel libretto d'istruzioni tanto sognato desiderato e prezioso di cui tutti abbiamo un assoluto bisogno.

ATTENZIONE : NON SIAMO ESSERE AUTODETERMINANTI.
"Conosci te stesso" era l'oracolo di Delfi che da tempi antichissimi regna come la massima fondante per ogni filosofia e spiritualità. Ma il problema è semplicissimo e fuorviante: come l'occhio vede tutto ma non vede se stesso, come il dente morde ma non morde se stesso, come la mano accarezza ma non accarezza se stessa, lo stesso la psiche, il cervello conosce ma non può da solo conosce se stesso, perchè reo e giudice non possono essere la stessa persona, il reo sarebbe sempre innocente, non per caso la gente crede sempre di essere sul giusto, di essere brava e buona, quando in realtà hanno tanti difetti che non possono vedere se non attraverso un altro. Il io non può conoscersi se non attraverso un tu, quindi non possiamo autodeterminarci da soli, donde il bisogno assoluto del CONFRONTO, il dialogo, il mettersi in gioco. Coloro che dettano regole, consigli, morali comportamentali e via dicendo, non sono autorevoli e credibili se non sono stati delle persone provate, risorte quindi vissute, che vengono da un inferno, dagli abissi, non saranno mai misericordiosi e tanto meno imparziali. Diffidate sempre da chi vi parla dietro una scrivania o da un piedistallo, di chi parla per sentito dire, perchè ha letto tanti libri, questi sono dei maestri fasulli. Nel film INSIDE OUT ci viene rivelato il mondo interiore con una visuale perfetta, da uno che i meandri dell'inconscio li conosce perchè prima vi si era smarrito. La mappa del cuore è scritta con cicatrici, solo chi ne ha le sa leggere e seguire, come un cieco legge i punti braille, per cui altri oratori, consiglieri, psicologi, guru e santoni di professione con tanto di lauree, sono tutti da scartare, perchè solo la esperienza è eco di consapevolezza, il resto sono solo chiacchiere spumeggianti per quanto belle, alla fin fine ubriacano ma non ti fanno trovare il senso dell'orientamento.

UNA MAPPA INTERIORE PER RINTRACCIARE L'ANIMA
Nel film INSIDE OUT ci fanno immaginare come se la mente fosse una cabina di pilotaggio, dentro vi sono le emozioni e queste guidano il corpo. Un immagine alquanto riduttiva, ovvio, perchè il mondo psichico è un universo vastissimo, non siamo solo emozioni, ci sono anche virtù, convinzioni, sentimenti. Molti già dall'antichità hanno voluto tracciare una mappa interiore, fissare dei punti di riferimento e parametri per conoscerci meglio e rivederci. Nel film prendono vita solo 5 emozioni: la gioia, la tristezza, la rabbia, la paura e il disgusto. Ma filosofi antichi (come Platone, San Tommaso, Spinoza) ne enumerano oltre 70 passioni. Secondo la teoria umorale d’Ippocrate, l’equilibrio corporeo tra quattro fluidi (bile nera, bile gialla, flegma e sangue) determina quattro tipi di temperamento: malinconico (eccesso di bile nera), collerico (eccesso di bile gialla), flemmatico (eccesso di flegma) e sanguigno (eccesso di sangue). Ovviamente ogni individuo ha uno specifico carattere, variabile in funzione delle proporzione dei diversi umori, proprio come in Inside Out. Sappiamo benissimo che nella nostra testa c’è una massa di materia grigia percorsa da scariche elettriche, forse. Un’anima immortale, magari. Oppure, come sostengono i freudiani, tre aree ben distinte: l’Es, l’Io e il Super-Io. Chi ha ragione? Nessuno naturalmente: si tratta di modi diversi di rappresentare quello che accade nella mente e di spiegare l’origine dei comportamenti. Quindi un po tutti hanno non la ragione ma qualche modo ragionevole per spiegarsi, una qualche verità da rintracciarvi per trovarci.

SIAMO NOI PREDA DELLE NOSTRE EMOZIONI E/O POSSIAMO NOI GESTIRLE ?
Nella mente di Riley, una ragazzina di undici anni del Minnesota, vivono cinque emozioni: Gioia (che garantisce la felicità alla ragazza), Disgusto (che si occupa che Riley non venga avvelenata fisicamente e socialmente), Paura (che tiene Riley lontano dai pericoli) Rabbia (che impedisce che Riley subisca ingiustizie) e Tristezza (il cui scopo non è però ben chiaro a nessuna emozione). Le cinque emozioni dirigono la mente di Riley all'interno di un quartier generale agendo su una console piena di pulsanti. Chi è al comando della console determina il comportamento della bambina, quindi agiamo in base a quelle emozioni, diventiamo solari (allegri) oppure rosi dall'ira, o con aria triste (blue monday). Nel film sembrerebbe che le emozioni guidano le nostre azioni, ma nella realtà le emozioni sono evocate dalle idee e dalle immagini e a loro volta le emozioni tendono ad intensificare le idee e le impressioni. È vero che talvolta emozioni come la paura ci indirizzano e colorano la nostra percezione del mondo. Ma l’emozione “paura” non esiste senza la presenza di “sensazione”, “pensiero” e “desiderio”. Una bambina di 11 anni non ne è consapevole di quello che capita dentro di lei, è in preda e persino balia delle sue emozioni. Inside Out appunto non è un film sulla malattia mentale, quanto piuttosto un film sulla normalità. E su quanto la normalità stessa possa essere traumatica. Riley non è pazza: sono la stessa scuola, la società, il mondo del lavoro a non essere compatibili con l’imperativo incarnato dal personaggio (insopportabile) di Gioia: sii sempre felice, allegro, spensierato.

ATTENZIONE: L'OBBLIGO DI ESSERE FELICI VI PUÒ RENDERE TRISTI.
Il film INSIDE OUT è una meravigliosa apologia della tristezza, come componente inscindibile della nostra identità di esseri umani. Perché crescere, anzi vivere, significa innanzitutto questo: imparare a soffrire e a convivere con questa sofferenza. Non certo all'insegna di un indistinto pessimismo, ma in quanto la sofferenza, la tristezza e la malinconia fanno parte di noi, allo stesso modo in cui ne fanno parte la felicità, la gioia, la rabbia, il disgusto, la paura, in milioni di sfumature differenti. Gioia in questo film è quella che vuole governare, SII SEMPRE FELICE, ma come si vedrà lei diventerà alla fine finta, stanca di gioire, quasi triste di dover cercare ad ogni costo di sorridere, una GIOIA COSTRETTA (come tante che io vedo in discoteca, in cene di Natale e Pasqua, a tavola tra amici di convenienza, o dopo l'ennesimo Shopping esaudito ed esaurito). SII FELICE, un imperativo che ritroviamo nella sua forma più pura in un altro film ovvero I Minion, dei mostriciattoli iper-euforici a forma di pillola e sempre in botta durissima. In questo senso, Inside Out è l’anti-Minion.
CHI CI PILOTA DENTRO ?
Nel film vediamo chiaramente come nella cabina interiore di Riley, una ragazzina di undici anni del Minnesota, vivono cinque emozioni che la controllano. Sono loro a governare il suo stato d'animo, vale a dire la sua parte dinamica e motoria, cioè la VOLONTÀ, prima potenza dell'anima. La volontà è la nostra forza motrice, ma a guidarla è il pensiero, prima potenza dell'anima, l'intendimento. Ecco i binari su cui viaggiano le nostre passione, emozioni, sentimenti, pensieri: testa e cuore, intendimento e volontà, le sponde dell'anima. Nel film le emozioni sono 5, ma in realtà sono tantissime, ma in sintesi si potrebbero ridurre a 2 : odio ed amore, sono i poli, negativo e positivo, della nostra psiche. Chi non ha una vita interiore, chi non è abituato all'introspezione, vive di passioni, non è consapevole, non sa cosa agisce dentro, proprio come la bambina, è preda della paura, dell'ansia, del fastidio, del piacere, della noia, della tristezza ... ecc, ma non sa il perchè. L'unione della volontà e dell'intendimento, cuore e testa, è ciò che molti definiscono come CONSAPEVOLEZZA, vale a dire il IO della persona cosciente dei propri meccanismi e che agisce in corrispondenza di una ragione guida, non più in balia dell'istinto puro allo stato brado delle passioni.

OGNI MENTE UN UNIVERSO FATTO DI BENE E DI MALE
Assai complesso l'organismo umano, come ogni creatura nell'universo, un impronta che richiama l'infinito. Qualcuno ha paragonato la nostra mente alla memoria di un pc, capace di immagazzinare immagini, informazioni, ricordi, sensazioni di ogni tipo. Le cinque emozioni dirigono la mente di Riley all'interno di un quartier generale agendo su una console piena di pulsanti. Ogni volta che un'emozione agisce nasce un ricordo dall'aspetto di una piccola sfera dal colore dell'emozione che lo ha causato. La maggior parte dei ricordi viene spedito poi nella memoria a lungo termine, mentre quelli più importanti (detti ricordi base) rimangono nel quartier generale, dove agiscono sulla mente della bambina definendone la personalità. I cinque ricordi base di Riley sono tutti felici (dorati) e alimentano cinque isole della personalità: la famiglia, l'onestà, la stupidera (ossia la propensione per le buffonate), l'hockey e l'amicizia. Fatevi una introspezione, chiedetevi quali sono i vostri ricordi basi, in realtà quelli che dirigono la nostra esistenza, più cresciamo e più saranno pochi, quelli che ci hanno inciso l'anima, formato il carattere, forgiato l'animo. Ma nell'universo non esiste soltanto la luce, la gioia, il bene, c'è anche il buio, la tristezza, il male. Qui inizia la genialità di questo film, perchè non può essere solo il bene a prendere il commando della vita, non possiamo fidarci solo della gioia e concedere solo alla luce il controllo, altrimenti saremo destinati al fallimento. Anche i ricordi brutti, i traumi, le emozioni negative, hanno un posto e un fattore fondante e un valore fondamentale nella nostra vita.


LA PERSONALITÀ
E' sempre stato un mistero, nonchè una meraviglia, il complesso mondo in cui appare una personalità. Ma cos'è la personalità? in sè è quello che la definisce come tale, ciò che la caratterizza rendendola diversa dalle altre, donde il nome CARATTERE. Infatti spesso parliamo del carattere di un individuo ed elenchiamo le sue qualità o limiti o virtù o vizi, interessi, passioni ecc... Due gemelli, nati dagli stessi genitori, cresciuti nella stessa famiglia, frequentano la stessa scuola, ecc... eppure diventano diversi nell'anima, come mai? Gli antichi pensavano che il neonato avesse la mente come una TABULA RASA, un foglio in bianco, privo ancora di conoscenze, idee, emozioni. Man mano che si hanno le esperienze s'imprimono in noi le nozioni, le convinzioni, le certezze, le paure e via dicendo. Più prevale un certo tipo di emozioni, più si forgiano in noi certi tratti caratteriali (persona viene dal greco Maschera), quella parte che si recita nella vita, il sentimento che si indossa per ogni occasione o momento. Ecco nel film le palline di diversi colori che prendono posto, come file in un pc, come libri in uno scaffale, come voci in un agenda. Gioia si presenta come la coordinatrice, anzi persino manipolatrice, è il moto perbenista sociale che impone il bene, la felicità e che tutto sia in ordine e marci alla perfezione, direi simbolo di un ritaglio morale che però è fallimentare, come lo dimostra il seguito.

IL CARATTERE: IMPRONTE DI ESEMPIO
Tanto si parla di formazione della personalità, di maturare interiormente, di padronanza di se stessi, di gestire le emozioni, modellare il carattere. Ma come si fa? dove sono i tasti per controllarci? come funziona questo marchingegno della psiche? Nel film la protagonista è una bambina che vive una crisi, il passaggio dall'infanzia alla pubertà, con tanto di trasloco, quindi cambio di casa, scuola, amici. Situazione ideale per vivere un terremoto interiore e il suo ulteriore assestamento. Ciò che forma una persona sono le esperienze forti, che incidono l'anima, infatti carattere viene dal verbo incidere con sigilli. Questi eventi vanno a FORMARE, forgiare, costruire in noi nozioni, convinzioni, idee, pilastri, nel film chiamati "isole della personalità". Sono come i punti di riferimento, guida, a cui ci appelliamo ogni volta che ci capita una sfida, un compito, un interpretazione, di conseguenza lo risolviamo secondo i modelli ricevuti nell'infanzia. Si capisce chiaramente che Riley riesce ad affrontare la crisi perché si ricorda che in un momento di grande difficoltà dell’infanzia, relativo ad un fallimento sportivo, i suoi genitori erano sintonizzati affettivamente, attraverso l’abbraccio e la consolazione, con lei. E questo le apre anche il ricordo successivo dell’abbraccio dei suoi amici. Dunque lei fu compresa e cercherà di comprendere, non fu giudicata e non pensa al giudizio, agisce di conseguenza, perchè noi ci FORMIAMO in base agli ESEMPI ricevuti, non alle INFORMAZIONI, non alle parole, non le prediche, nè i brontolii genitoriali, ma dalle esperienze vissute. Le parole spingono ma solo l'esempio trascina. Quindi l'informazione è importante (libri, dialoghi, meditazione, ecc... TESTA) ma la formazione non avviene se queste cose non si incarnano nel vissuto, la pratica (esperienze, emozioni, sentimenti, vita, ecc... CUORE). Per cui a formare il nostro carattere è il vissuto concreto, il relazionarci con gli altri, i rapporti interpersonali, L'UNIONE TRA QUELLO CHE C'e NELLA TESTA E CIO CHE SI INCARNA NEL CUORE.

IMPARARE A VIVERE LA TRISTEZZA CON GIOIA , E' POSSIBILE?
Riley dopo il trasloco cade in depressione, non gradisce la casa nuova, gli mancano le vecchie amicizie, vede la scuola nuova ostile, si sente smarrita a San Francisco la nuova città, ecc... un tipico momento che giunge nella vita di tutti noi in svariati modi: la tristezza. Gioia tenta comunque di mantenere alto l'umore della ragazza. In ciò è ostacolata da Tristezza, che inizia a sentire l'impulso di toccare e rendere tristi (blu) i ricordi risalenti al Minnesota ogni volta che questi vengono proiettati nella mente della ragazza, inducendo Gioia a cercare di tenere Tristezza lontana dalla console. Ecco qui l'inizio della fine si potrebbe dire: nascondere la nostra sofferenza, eliminare i nostri dubbi, tenere se non a bada almeno in silenzio i nostri dolori e noie. Questa è la prassi più sbrigativa che ci hanno insegnato: l'apparire, sembrare felici, nascondere la parte più vulnerabile ma alla fine più potenziale che abbiamo: la verità che solo la tristezza saprà tirar fuori. Abbiamo bisogno di ascoltare la nostra tristezza, lei non nasconde la verità anzi la rivela, ci insegna la via per essere più umani cioè la sensibilità ferita, quindi il bisogno di imparare ad integrare la sofferenza e la tristezza come parti NORMALI della vita. Invece se la Gioia s'impone come unico parametro della vita, avviene ciò che vediamo nel film: Gioia va in crisi, entra in ansia, vuole gestire la tristezza ma è incapace e tutto va a rotoli, sempre peggio che mai, proprio come nella nostra vita quando non diamo spazio ed ascolto alla tristezza.
IL TACITO SILENZIO DEI SENTIMENTI
Quante volte ti senti tristi e ti dicono "tranquillo non è nulla" oppure hai un dolore e ti dicono " passerà vedrai anche a me è successo". Sono quelle frasi prefabbricate, consolatorie che sconfinano con la stupidaggine: il dolore è sensibile, non è razionale, inutile dare consigli e dettare massime filosofiche, non servono a nulla. Ecco Gioia che nel film non cerca altro che tenere a bada Tristezza, la allontana dai ricordi, la lega, le chiude gli occhi, cerca di manipolarla. E' tutto inutile non si può fare tregua con le passioni, non si può tenere a bada un fulmine. Inutile dire ad una persona ansiosa di non mordersi le unghie, ad un nostalgico di sorridere, a un flemmatico di farsi una passeggiata al tramonto. TUTTO INUTILE. Dite ad una persona delusa in amore di non pensarci al suo ex, non fate altro che mettere il dito nella piaga. Attenzione alla falsa morale di stampo religioso o moralista: non fa che darti consigli tecnici: non ci pensare, non guardare, non sentire, non dirlo, ecc... E quello che farà Gioia nel film, portare Tristezza al collasso e tutto il sistema nervoso al crollo. Il primo giorno di scuola Riley viene invitata a presentarsi alla classe e quando l'insegnante le chiede del Minnesota, Gioia le fa ricordare i momenti in cui giocava a hockey o quando pattinava sul lago ghiacciato. Tristezza tocca il ricordo gioioso della ragazza e lo modifica, inducendo la ragazzina a piangere di fronte alla classe, in preda alla nostalgia per i tempi felici trascorsi nel Minnesota. Ciò porta alla nascita di un nuovo ricordo base, il primo ricordo base triste. Una Gioia inorridita cerca di impedire che il nuovo ricordo prenda posizione insieme agli altri mentre Tristezza cerca di fermarla, ma finiscono entrambe catapultate fuori dal quartier generale insieme a tutti i ricordi base. In Psicanalisi la guarigione sta non nel eliminare la tristezza ma nel viverla fino infondo per comprenderla.

LE EMOZIONI NON SONO NE BUONE NE CATTIVE, MA NE DIVENTANO QUELLO CHE VOGLIAMO
Una certa morale del perbenismo dualista ci ha erroneamente insegnato a qualificare le emozioni (ahimè persino le persone, le razze e via dicendo) in maniera automatica o come positive o negative. Dunque Gioia sarebbe un emozione positiva, mentre tristezza sarebbe invece negativa. La realtà invece è ben complessa, ampia, diversa, quindi del tutto imprevedibile. Le passione sono semplicemente delle FORZE neutrali, quindi nè negative nè positive, diventano tali in base alla canalizzazione che noi diamo a queste pulsioni o forze. Dunque una gioia forzata a tutti i costi può diventare una caratteristica negativa di una persona ridolina, superficiale persino scema. La tristezza invece se vissuta e focalizzata potrebbe diventare lo slancio per una introspezione interiore e dare dei frutti quindi positiva. Nel film è ben chiaro il messaggio, persino la rabbia nel momento e nella dose giusta libera ed aiuta alla fine a raggiungere lo scopo desiderato del gruppo. Ancor di più, le emozioni non sono mai pure al 100%, ma si mischiano, come le sostanze: in un pizzico di rabbia ci può stare anche l'amore per lo scopo ferito, nella paura si può intravvedere un po di disgusto, nell'odio traspare spesso l'amore mancato e via dicendo. Dunque spesso chi vi critica vi ammira inconsciamente, chi vi disprezza è invidioso per quello che siete e chi dice di odiavi non riesce ad ammettere che avrebbe voluto amarvi e non ci è riuscito o non è stato da voi amato quanto se lo aspettava. Le emozioni sono speculari, miraggi, molto ingannevoli, delle vere e proprie matriosche.

LE EMOZIONI VANNO LIBERATE MAI CONTROLLATE
Le emozioni sono alla psiche delle valvole di sfogo, il che si deduce chiaramente che tenerle sotto controllo non farebbe altro che accrescere in noi la pressione e alla fin fine lo scoppio (di ira, di lacrime, di euforica pazzia, di sesso sfrenato, di voglio di mangiare o bere a crepa pelle, ecc...). La mamma non insegna a Riley a gestire la sua tristezza per il trasloco, anzi la carica di un senso di colpa se la sua tristezza fa sentire male il papa. Questa prassi è usata spesso dalla religione: addossarti una colpa, una croce, così tu ti senti buono se la sopporti. Nel film invece la bambina segue ancora la sua natura: questo modo di gestire l’emozione della figlia da parte della madre provoca confusione nell'equilibrio emotivo di Riley e aumenta il suo livello di stress. La ragazzina non si sente capita e comincia a non controllare più le sue emozioni. Tristezza è bloccata da Gioia nelle azioni, ma la tristezza in Riley è presente, forte e in sordina, per cui il personaggio comincia a comportarsi in modo strano, creando disagio e confusione nella “cabina di controllo” della mente di Riley. Ogni tentativo coercitivo di bloccarle è vano e crea conseguenze peggiori, anziché migliorare il nostro equilibrio, mettendo seriamente a repentaglio la nostra identità, il nostro atteggiamento, il nostro comportamento usuale, le nostre motivazioni e bisogni. Non si nascondono i mostri nel buio del silenzio, ma si accende una luce nella stanza della ragione per capire che quelle emozioni non sono mostri.


LE EMOZIONI VANNO CONDITE
Le emozioni allo stato puro sono bombe atomiche, vanno condite con altre emozioni e se fatto nel modo giusto diventano dei veri cocktail di potenzialità creativa. La tristezza di Riley stava rovinando la sua vita, le sue relazioni, l'armonia famigliare, le amicizie a scuola. Tristezza accetta di collaborare con Gioia, un mix che crea la nostalgia che non essendo distruttiva ha un moto di ricerca nella memoria delle cose belle lasciate. Questa nuova emozione permette alla bambina di provare il bisogno di tornare a casa. Giunta davanti ai genitori, decide di comunicare loro la tristezza che prova in conseguenza del trasloco a San Francisco e i genitori empatizzano con la figlia, comunicandole che la stessa emozione la provano anche loro. Gioia e Tristezza sono catapultate nella memoria a lungo termine, un archivio labirintico e infinito di scaffali colmi di ricordi, cercando una strada per il ritorno. In questo caso la tristezza servirà di trampolino per ricercare nel passato le forze per costruirsi un futuro e non più una trincea dove barricarsi a piangere. Ecco il modo giusto di sfogare le emozioni senza castrarle, senza nasconderle.

GIOIA FALLISCE E DIVENTA TRISTE
Nel film spicca la leadership di Gioia, proprio come l'educazione moralista e perbenista che ci dice di assumere rigidamente e in modo stereotipato un atteggiamento SEMPRE positivo. Sono quelle persone impostate solo al bene, a fare le educate, i giusti, i corretti, i veritieri, i discreti, i simpatici, ma alla fin fine diventano rigidi e persino dalla ragione passano al torto senza accorgersene e persino falsi sopratutto con se stessi. Se ti costringe a vivere solo positivamente si rischia di non vivere con serenità le altre emozioni, di evitarle. Provare emozioni è umano. E ogni emozione ha senso che esista in noi per essere sperimentata. Nel film Gioia si sente stressata, fallita, non riesce a far brillare di gioia ogni cosa. E' la finta gioia di tante persone che ingannano se stessi nel nome del bene e subisco inconsciamente un male atroce: la non accettazione del lato loro oscuro. Lasciate spazio anche al lato negativo, non fuggite, non vi nascondete, non isolate gli altri, magari è quello il modo di scoprire la vera forza e potenzialità che vi si nasconde in voi. Questo ci rende vivi, consapevoli e liberi, in sintonia con noi e gli altri.


LO SPIRITO DELL'ANIMA E L'ANIMA DELLO SPIRITO
Spesso noi identifichiamo la parola anima con spirito, anzi le confondiamo a tal punto da usarle l'una per l'altra. Finora abbiamo detto come si forma la personalità, cosa sia il carattere su cui si forgia, come le emozioni siano forze, come le potenze dell'anima (intelletto e volontà) agiscano (ahimè) spesso separate (testa e cuore) creando in noi la voragine dell'inconscio. Ma cos'è lo spirito? ecco, lo spirito è la polarizzazione che un anima acquista quando viene identificata e sovraccaricata di una sola passione assoluta, per esempio, diciamo che un uomo ha uno spirito sportivo perchè le sue emozioni e passioni sono tutte incentrate nello sport, oppure diciamo che una donna ha uno spirito volgare, appunto le sue passioni, modi, espressioni verbali sono incentrate e focalizzate nella volgarità. Lo spirito quindi è quell'aurea, quel odore, quel colore che emana da un anima.
Tornando al film, lo spirito di Riley era variabile, perchè in quanto bambina non si era ancora definita, formata, quindi a periodi era una bambino spiritosa, ridolina, spensierata, ma anche depressa, triste , scontrosa. A me Gioia mi sembrava antipatica, così protagonista e persino manipolatrice della situazione, mentre Tristezza era così tenera e simpatica, di una dolcezza unica. Inside Out ci rivela che la nostra mente non è manipolatrice, non basta un ordine cognitivo della realtà, non basta dare ordini, ma bisogna scendere a patti con le emozioni, non ci sono formule matematiche di dosaggio di passioni e ragionevolezza (leggi morali assolute) per far rigare dritta una persona, perchè non siamo alla fin fine macchine, ne computer, ma umani, con un margine infinito chiamato libertà. Dobbiamo quindi solo stare attenti alla polarizzazione dello spirito che diventa come un armatura, uno stendardo, una divisa, più diamo energia ad una sola passione e questa prende il sopravento fino a divorarci, per quanto essa sembri buona alla fine sarà sempre distruttiva: pensate allo spirito intransigente e cieco dei fondamentalisti, dei moralisti e dei farisei, eppure nasce il più delle volte da una passione cieca per la purezza assoluta.

LE ISOLE DELLA PERSONALITÀ
Una delle idee fantastiche del film sono le isole della personalità, sono delle zone in cui si accumulano dei ricordi, esperienze e punti di riferimento importantissimi, come pilastri, che fondano delle certezze, come dei fari in alto mari. Sono le nostre convinzioni più profonde: l’amico immaginario Bing Bong, la valle dei ricordi perduti, il treno dei pensieri, l’area del pensiero astratto, la zona creativa, i personaggi onirici inquietanti rappresentati dal clown Jangles, fino alla “fabbrica dei sogni” organizzata come gli studios cinematografici. Non ci meravigliamo se spesso nella vita quotidiana noi troviamo delle persone a cui possiamo veramente sentirle come ISOLATE, persone a noi persino familiari e care che, ad un certo punto, si alienano, si comportano in modi estranei e diversi. Nel Film vediamo che l'unico modo di ritrovare l'equilibrio è fare questo viaggio nelle isole perdute: per ritrovarci !!! Queste isole sono così popolate di ricordi vivissimi che merita visitarle una ad una... ah, dimenticavo: nessuno essere umano è privo di queste isole, è una mappa interiore col formato dell'essere umano.


L'ARCHIVIO LABIRINTICO DELLA MEMORIA
Senza memoria non esisterebbe neppure un identità, noi siamo il nostro passato, ogni cosa è la somma del suo passato e nulla è comprensibile se non attraverso la sua storia, non ci meravigliamo se le ricerche psicoanalitiche puntano sempre a tornare alle origini, non per dare peso al passato, no per rimpiangerlo, ma per sciogliere i nodi che di dietro ancora ci legano e ci condizionano, il passato non è una trincea dove barricarci e seppellirci (quelli si chiamano traumi) ma è un trampolino dive prendere slancio per lanciarci verso il futuro (questo si chiama superamento consapevole). Riley nel film fa ricorso ai ricordi, attinge al bagaglio passato per vedere che istrumento ha per superare i nuovi problemi. Essendo stata un po ignorata dai genitori che erano a suo volta presi dai problemi del trasloco, lei attinge ai ricordi di quando i suoi genitori la sorreggevano e ritrova il coraggio di parlar loro. Gioia comprende così l'importanza di Tristezza: segnalare il bisogno di Riley di ricevere aiuto dalle persone che le vogliono bene. La prima isola è molto importante: è l'isola della famiglia, dove noi abbiamo imparato ad amare o ad odiare, così come abbiamo imparato a parlare la lingua dei nostri genitori anche le nostre emozioni sono impregnate del loro modi di agire e reagire. La prima isola della personalità a formarsi, l’ultima a sgretolarsi e quella dalla quale dipende la sua vera serenità, la Famiglia subisce e affronta il cambiamento della bambina, per uscirne più forte di prima. E in questo Inside Out dice una grande verità: la solidità dei legami famigliari è quella pietra miliare che ci permette di affrontare la realtà e di creare personalità forti ed equilibrate.

L'ISOLA DELLA SCONFITTA E' LA VITTORIA
Un altra isola dove Riley attinge importantissimi ricordi è l'isola dove lei ha albergato tutti i ricordi della pista di pattinaggio quando giocava a hockey. Cosa rappresenta quest'isola? credo che oggi sia un isola grande quanto un continente: è l'isola dove noi da bambini impariamo la competitività: L’isola dell’Hockey ha a che fare con lo sport quindi con il rapporto, anche competitivo, con l’altro, la capacità di reggere le situazioni, la scuola, i compiti e il confronto con gli altri. E' il modo in cui noi abbiamo imparato a vincere senza sfottere i perdenti e a perdere senza lasciarci schiacciare dall'arroganza dei vincitori. In un mondo che tende sempre a gareggiare in tutto, dove si fa strade a gomitate senza passione, è importante insegnare ai bambini che a volte il miglior modo di vincere e lasciar perdere, è imparare a perdere con dignità, è sapere riconoscere i propri limiti e lodare le capacità altrui senza per questo sentirci inferiori. Le caduto non sono sconfitte ma opportunità di rialzo, gli errori non sono condanne ma esperienze vitale di sapere ormai dove si trova l'inciampo e il tranello.


BING BONG, L'AMICO IMMAGINARIO
Chi non ha mai avuto nell'infanzia un amico immaginario? penso che nessuno e quello che dici di non averlo è perchè non se lo ricorda. Tutti i bambini duranti i loro giochi parlano da solo con i loro personaggi, pupazzi, macchini, ecc... Per il bambino il mondo è un teatro dove è possibile impersonare qualsiasi situazione e realtà. Sì, gigante come un elefante quest'immaginazione, ma nello stesso tempo diventa col tempo ingombrante, perchè gli adulti non sanno capire questo amico immaginario. Per molti questo amico immaginario diventa "Dio", diventa una vena artistica in cui la mente ritrova uno riscontro di confronto, diventa un intuizione psichica potentissima, oppure diventa nel peggiore dei casi un bambino smarrito che piangi nei meandri più buio dell'inconscio e vuole il riscatto. E' da notare che Bing Bong quando piange ha le lacrime che sono caramelle, sì, dolcissime, come dolce è il ricordo dell'infanzia per quanto fallita o triste. Il compito di Bing Bong è aiutare loro a raggiungere il treno dei pensieri... se come si dice il treno passa una sola volta nella vita, per fortuna questo treno ha vagoni infiniti per cui è sempre di passaggio, basta non perdere di contatto il nostro amico immaginario, la nostra voce della coscienza, il nostro Dio o lucidità interiore.

SE NON DIVENTERETE COME I BAMBINI NON CRESCERETE
Una frase simile è ben nota come gemma evangelica, detta da Gesù: "se non diventerete come bambini non entrerete nel Regno dei Cieli". Questo diventare bambini è un ritorno alle origini, non è uno stato puerile, ma una dimensione interiore, quella del vivere l'oggi (eterno) in pienezza con la consapevolezza che si è amati a prescindere da qualunque mancanza, colpa o irragionevolezza. Questo è il viaggio del Treno che cerca di andare oltre i confini della coscienza umana, ma notate bene: una volta saliti sul treno, Riley va a dormire ed ecco il torpore di chi cerca di intraprendere un viaggio interiore, l'introspezione ti porta al tedio, al sonno, ad una noia esistenziale. Lo sanno bene coloro che si dedicano alla meditazione interiore. Dunque, sapendo che il loro mezzo di trasporto non si muoverà fino a che Riley non si sia svegliata, i tre decidono di fare un salto alla Cineproduzione Sogni, ecco l'altro pilastro: il mondo onirico, perchè questo parla con simboli, ci rivela i nostri traumi in maniera speculare, dove i sogni vengono ripresi e trasmessi come in uno studio cinematografico, dove cercano di svegliare Riley con un incubo. Perchè Incubo? perchè, ahimè, la coscienza umana è troppo pigra se non viene colpita con la sua stessa durezza, gli incubi sono segni interiore di risveglio, richiami dell'anima, scosse psichiche.

PAURA DELLE NOSTRE PAGLIACCIATE?!
Ci è ben nota la paura che molte persone hanno nei confronti dei Clown, si chiama persino “coulrophobia“. Anche nel film l'unico modo per risvegliare Riley è con un incubo di un pagliaccio che distrugge tutto il suo mondo cinematografico: i suoi ricordi. Ok, gli incubi sono voci d'allarme dell'inconscio, sono grida silenziose dell'anima che ci chiama al risveglio interiore. Ma perchè i clown come simboli di terrore? Attraverso la storia la figura del pagliaccio ha subito diverse connotazioni: Già nel 2.500 a.C. i faraoni e gli antichi imperatori cinesi si facevano intrattenere da persone mascherate come i clown. Nei rituali dell’etnia di nativi americani Hopi c’erano personaggi simili ai clown che interrompevano le danze degli altri membri della tribù con scherzi grotteschi. Nell'antica Roma c’erano gli archimimi, che imitavano in modo buffo i defunti durante le cerimonie funebri, anche prendendone in giro i parenti. Nel Medioevo qualcosa di simile veniva fatto dai giullari, che quando si esibivano a corte potevano scherzare sui re e sui nobili, oltre che ridere di loro stessi o degli spettatori, come facevano anche alcune maschere del Carnevale. I clown per come li conosciamo oggi esistono più o meno dall’inizio dell’Ottocento. Il lato oscuro dei clown venne temporaneamente dimenticato dopo la Seconda guerra mondiale, quando i pagliacci divennero personaggi di intrattenimento solo per bambini e non più per adulti. Dunque, dal punto di vista psicanalitico ci sono due visioni traumatica: 1 siccome è una figura che ci vuole portare alla spensieratezza e il divertimento diventa la morte della felicità se diventa un tiranno o un assassino, è l'ombra di un infanzia morta il pagliaccio horror. 2 Siccome è il modo saggio di prendere in giro i nostri difetti, quindi il suo sarcasmo e d'umorismo, diventa spietato e cinico quando si trasforma in persecutore omicida. Sotto questa luce il clown non è altro che la controfigura fallita della nostra felicità, colui che avendo il ruolo di farci sorride finisce per farci piangere. Credo che tutti noi adulti abbiamo un pagliaccio morto dentro di noi, fintantoché non faremo i conti col bimbo smarrito che giace nel nostro inconscio. Non ci meravigliamo dunque se alla fin fine molte cose meravigliose non riuscite ci possano sembrare delle pagliacciate (l'amore, la carriera professionale, la vita sociale, persino una vita intera) e se presa troppo sul serio persino un vero incubo.

L'INFANZIA E' L'EDEN PERDUTO
L'eden biblico ha tutte le connotazioni oniriche e psicologiche per essere il perfetto archetipo del luogo o stato mentale in cui noi eravamo in paradiso: eravamo divini agli occhi dei genitori, tutto era un divertimento, non c'era la nozione del tempo, l'amore era l'unica legge, il bimbo si sente onnipotente perchè può tutto. E' una certa crescita prematura a privarci di questo paradiso. Gioia riesce a fuggire dal baratro della memoria quando Bing Bong capisce di essere troppo pesante e decide di rimanere nel baratro, venendo definitivamente dimenticato dalla ragazza, ormai cresciuta e non più bambina. Infatti, è il contesto sociale che ci costringe in qualche modo ad assumere un comportamento "più maturo", si abbandonano i giocatori, l'amico immaginario e il potere della fantasia. L'elefante diventa ingombrante, sa che deve sacrificarsi, rimane nel più recondito angolo della nostra psiche, ma NON MUORE, è lì che ci aspetta sempre, le sue lacrime sono dolcezza e lo sanno bene coloro che attingono alle fonde profonde dello spirito: consapevolezza è sofferenza ma anche liberazione. Bing Bong Libera Gioia dalla sua stupida aureola di costretta allegrezza, insegna a Gioia a guardare con nostalgia i ricordi più tristi, insegna a Gioia a rinunciare alle cose più care. Le persone più mature nel loro intimo sono di una dolcezza infantile infinita, chi ha la fortuna di condividere con loro questi momenti sa di poter fidarsi come un fanciullo, sono momenti in cui si ride e si scherza per nulla e di nulla ma con un intensità infinita, come solo i bambini sanno farlo.

LA VALLE DEI RICORDI PERDUTI
Cosa ricordiamo noi del nostro passato? è questo il viaggio temerario che si intraprende in ogni introspezione psicologica, perchè l'altezza del nostro futuro si affonda nelle radici del nostro passato. Seppure avendo vissuto milioni di esperienze (nella nostra vita quanti visi di persone viste? quante emozioni? quante canzoni? quanti incontri, scontri o fallimenti?) quando cerchiamo di mettere a fuoco l'insieme spesso quel che ricordiamo è ben poco. Come mai? Ecco il tipico disagio psicologico che de-costruisce i sentimenti che viene rappresentato nel film trasformando i personaggi in figure astratte che sembrano uscite da dipinti di Dalì, per poi perdere profondità arrivando al grado di estrema astrazione semantica, quindi il passaggio dalla valle dei ricordi perduti all'area del pensiero astratto. Pensate che non sia adatta questo tratto di film per bambini vero? avete quasi ragione, molti bambini in questi tratto del film si appesantiscono, ma proprio perchè il film ci rimanda a quella dimensione interiore nostra dove i ricordi si sciolgono come nel dormiveglia per fondersi in emozioni forti di cui spesso non abbiamo una forma tangibile. Chi intraprende questo viaggio sa quanto sia tedioso attraversare questa nostra regione arida dell'anima, ma una volta la si sfiora, come nel deserto magico, fiorisce. Lo sanno bene coloro che sono riusci a far fiorire i deserti: chi riesce a farsi strada in questa dimensione onirica sente che si aprono degli armadi pieni di ricordi, una valanga di emozioni, pensieri, sensazioni, idee, parole, canzoni del passato, come a valanga, ci sovrastano. E' un momento molto delicato per la psiche, ma salutare per l'anima. Ci vuole allora il treno dei pensieri.

IL TRENO DEI PENSIERI
I pensieri sono come farfalle, volano da un fiore o idea, all'altro, in maniera veloce, senza ordine, destra e sinistra, quasi da sballare, per di più, se abbiamo attraversato la valle dei ricordi perduti (cioè quando si apre il nostro RAM : quella parte della psiche che conserva tutto, una memoria storica) allora niente di meglio che un treno, un pensiero come un vagone tira l'altro e ci vuole riempire vagoni e vagoni di emozioni ed pensieri per saperli far rigare dritti e portarli a buon fine.

LA ZONA CREATIVA
Chi attinge alle sue sorgenti psichiche ed spirituali non può non diventare creativo, perchè in quella dimensione la mente umana è oggetto di CREAZIONE. Quando si pensa a Dio la prima cosa che di lui si riferisce è che lui fu il creatore di ogni cosa, se noi siamo fatti a sua immagine e somiglianza, non potevano non essere ugualmente creatori in qualche modo, ma siccome noi siamo nati prima nel pensiero e nel sentimento (già prima di nascere eravamo nella mente e nel cuore dei genitori, sempre in qualche modo), da ciò si comprende quanto sia potente quella dimensione chiamata immaginazione. Lo diceva Albert Einstein: l'immaginazione è più importante della conoscenza. Perchè la conoscenza ti porta in un luogo che tu già conosci, mentre l'immaginazione ti porta sempre oltre!.

LA FABBRICA DEI SOGNI
Chi ha mai detto che i sognatori sono persone che dormono? i veri sogni sono per persone che si sono interiormente risvegliate, che hanno l'occhio dello spirito ben aperto, sono come in questa fabbrica creano mondi o sogni ad occhi aperti, come recita il film: ‘cado in un vortice senza fondo’ e l’immagine richiama chiaramente Vertigo di Hitchcock. La fabbrica dei sogni non si costruisce, è lei che costruisce noi, non si improvvisa la genialità, non si finge essere artisti, o ci sei o ci fai.

LA RABBIA VISTA VISSUTA E SENTITA COME FORZA SCONVOLGENTE DI CAMBIAMENTO
Nel nostro film, fate attenzione e badata bene, a smuovere le coscienze, a creare le alternative, a scuotere i torpori, ad incitare la rivolta collettiva per rimediare i guai e provvedere alle ingiustizie, non sarebbe nè il senso morale e tanto meno il senso del dovere, bensì la Rabbia. Quando siamo arrabbiati siamo più sensibili rispetto ai torti che ci vengono fatti, basterebbe non diventarne ciechi, far agire la rabbia insieme ad un altra emozione che la renda anche sensibile e non cieca alla ragione e questa Rabbia diventerebbe una fonte di energia e di cambiamento fantastico.
Nel film invece c'è un particolare preziosissimo: Intanto, nel Quartier Generale, Rabbia, in un tentativo di mettere fine all'infelicità di Riley, insinua nella sua mente l'Idea (rappresentata da una lampadina) di fuggire di casa in direzione del Minnesota. Ciò porta al crollo dell'ultima Isola della Personalità, la Famiglia, e la consolle si spegne, rendendo Riley del tutto priva di emotività.
Ricordate anche nel film come nella mente del padre di Riley a governare il suo controllo non sia la gioia e tanto meno la tristezza: l’emozione principale nel Quartier Generale del papà è invece Rabbia, nella sua versione più stemperata di borbottii paterni, che pur scomodo si accende per attimi come un fiammifero, ma non causa del male a nessuno, ma sono i suoi sfoghi che mettono in moto tutto l'andamento famigliare, facendolo diventare persino un brontolone impacciato quasi tenero. Senza Rabbia che spacca le barriere e fa rientrare Gioia e Tristezza, non sarebbe stato possibile per le protagoniste riprendere il controllo della console e della vita di Riley.

PERCHÉ ABBIAMO DEMONIZZATA LA RABBIA?
Una delle emozioni chiavi nello svolgimento del film a buon fine è proprio la rabbia. E' una delle più importanti valvole di sfogo che ha la nostra psiche, è il salvavita elettrico del nostro sistema nervoso, ma (ahimè ahimè) è stata demonizzata da una mentalità religiosa che tende a sottomettere le persone alla passività e l'obbedienza remissiva e cieca, nonchè da una prassi sociale politica che punisce la violenza mentre la rabbia viene elencata sotto questa dicitura come punibile e da controllare. Ma in realtà la rabbia dovrebbe essere educata sia dalla religione come una potenzialità di sfogo, ricordate il buon Gesù che in preda ad un attacco di Ira scaccia via dal tempio i mercanti che hanno fatto della casa di Dio un commercio spirituale, e sia dalla politica come un mezzo di protesta civile. Ciò che rende la Rabbia negativa è proprio il suo divieto, perchè questo la fa diventare davvero violenta ed incontrollabile (scoppia ormai il più delle volte quando non ce la fa più), il che non lo sarebbe se viene incanalata come una potenza, una forza, una grinta pacifica e regolare, allora non diventerebbe nè violenta nè negativa e tanto meno distruttiva, l'esempio di Gesù che non picchia le persone ma distrugge i loro banchi di merce illegale ne è l'emblema. Ci hanno solo insegnato a nascondere la rabbia, a trattenerla, a reprimerla ed è proprio questa prassi che la rende negativa, violenta e alla fine quando si manifesta distruttiva. Dunque, non voglio dare licenza di agire o permissivismo a chi ormai manifesta con la sua rabbia la cattiveria, questa ormai è una tendenza malata, ma ridare una dimensione lecita e persino salutare ad alcuni momenti in cui la rabbia potrebbe manifestarsi in maniera innocua e saggia.

I GENITORI SUBISCONO SEMPRE, PRIMA O POI, LA CADUTA DEGLI DEI MANCATI
Per il bambino, fino ai 7 anni all'incirca, i suoi genitori sono degli Dei, sono quelle colonne di Ercole su cui inizia a far reggere l'impalcatura di tutta una vita. Mamma è una dea, comprendere tutto, sa dare sapore e colore a tutto, mentre papa sa fare tutto, provvede a tutto e mister aggiusta tutto. Persino i DIFETTI dei genitori vengono percepiti da un bambino come un modello, anche se non comprensibile (perchè ancora il bimbo non è razionale) ma il suo cuoricino lo porta ad imitarli per comprenderli, per non incolparli e alcuni (ahimè, in casi davvero psichici) a perdersi in quegli stessi difetti per redimere in se stessi il genitore fallito e perso (una pseudo oblazione, un sacrificio inconscio). Non vi meravigliate quindi se spesso inconsciamente tendiamo ad assomigliare al genitore che più ci ha fatto soffrire e che proprio per quell'amore mancato tendiamo a farlo risorgere dentro di noi. Come con Dio tutti noi (a meno di non essere sinceri) una volta scoperti che i genitori sono Umani, che hanno difetti e persino alcuni sono anche colpevoli, tendiamo a reprimere questa condanna, persino a rimuoverla, il che causa un trauma. Meglio fare i bravi e dire che amiamo i nostri genitori e il buon Dio (come impone la fallimentare condotta moralista), quando in realtà la soluzione sarebbe dire al buon Dio che a volte ci appare non tanto buono e trovare il coraggio di dire ai nostri adorabili genitori che, pur nella nostra divina ammirazione, hanno anche loro delle macchie che ci hanno oscurato a volte la visuale della nostra vita. Nel Film Riley ritrova la pace quando ha il coraggio di dire ai genitori il suo malessere: Gioia, finalmente, lascia a Tristezza i comandi, e questa riesce a rimuovere l'Idea dalla mente di Riley, che scende dall'autobus e torna a casa. Una volta di fronte ai genitori, Tristezza rende blu tutti i Ricordi Base di Riley e induce la ragazza a piangere di fronte ai genitori, esprimendo tutte le ansie e le preoccupazioni che l'hanno afflitta dall'arrivo a San Francisco. I genitori così confortano Riley e Gioia può finalmente agire, permettendo la nascita di un nuovo Ricordo Base, in parte dorato e in parte blu, che permette di ricostruire l'Isola della Famiglia.

UNA PSICOLOGIA PER GENTE NORMALE, NON PER DEMENTI
La parola "depressione" è diventata un luogo comune, ha subito un inflazione patetica, deflagrata al punto tale di essere usata in modo DEPRIMENTE e quindi pericoloso. Riley non è una bambina depressa o malata bisognosa di psicologo, è una bambina che subisce una lotta normalissima interiore delle sue emozioni e passioni: tristezza, rabbia, disgusto, nostalgia, odio, frustrazione. Fanno parte della crescita di ogni persona questi cocktail nervosi sentimentali irrazionali ed emotivi. Inside Out appunto non è un film sulla malattia mentale, quanto piuttosto un film sulla normalità. E su quanto la normalità stessa possa essere traumatica. Riley non è pazza: sono la stessa scuola, la società, la famiglia indaffarata e preoccupata solo per il suo status quo economico e sociale a scapito del suo benessere interiore emotivo relazionale, pazzo anche il mondo del lavoro a non essere compatibili con l’imperativo incarnato dal personaggio (insopportabile) di Gioia: sii sempre felice, allegro, spensierato. Più che cambiare noi, dobbiamo imparare ad adattarci alle situazioni, come si suol dire "far buon viso a cattiva sorte" senza voler a tutti costi scontrarsi e sbattere la testa contro la cattiva sorte, rimanendo nel nostro intimo sempre se stessi, altrimenti adattarsi ad un mondo malato non è alcun segno di salute mentale, anzi è la prova della totale arresa e perdita della personalità. Un anno più tardi, Riley si è adattata alla nuova casa, e tutte le emozioni lavorano assieme per aiutarla a condurre una vita contenuta, ma emotivamente complessa, con un pannello di controllo esteso e nuove Isole della Personalità prodotte da nuovi Ricordi Base composti da emozioni miste, più mature. Smettiamo di dire che siamo depressi per le più piccole sciocchezze passionali emotive o irrazionali dei nostri pensieri e sentimenti, pochi conoscono la pressione, anzi so di dire una cosa per molti sbagliata ma, secondo il mio modesto parere, chi entra nella depressione vera non ci esce mai, è un buco nero di cui si salva spesso soltanto con la morte (il suicidio tabù di cui non se ne vuole approfondire), dunque, ripeto, per me, soggettivamente parlando, chi dice di essere uscito dalla depressione non ci è mai entrato e l'ha confusa con qualcuno dei suoi sintomi, esaltandoli in maniera assoluta. La depressione è una morte cognitiva e dalla morte non ci si esci mai vivi, a meno che la persona subisca una risurrezione interiore, ma persona di quel spessore e calibro ce ne sono davvero poche ed uniche, così splendide che non si lamentano neppure della depressione, la vivono , la subiscono , la superano e non ne fanno mai una tragedia.

DISGUSTO PER I DISGUSTI E' UN BUON GUSTO?
Da notare che le emozioni hanno la loro caratteristica sia maschile che femminile, in Riley alcune emozione sono femminili (gioia e tristezza) altre sono maschili (paura e rabbia), mentre disgusto è un mix femminile che si comporta da maschio, snob, indifferente ma elegante. Le emozioni possono avere tendenze e caratteristiche bisex, dipende come le si sente e vive. Le emozioni di Bill il padre, per esempio, somigliano alle emozioni di Riley, ma sono tutte di sesso maschile e hanno vestiti e baffi che ricordano l'aspetto di Bill. Questo lo rende più lontano dal'empatia femminile con cui avrebbe potuto comprendere meglio la figlia. Disgusto si occupa che Riley non venga avvelenata fisicamente e socialmente, il rifiuto del cibo è anche una tendenza attraverso la quale i bambini iniziano ad auto affermare la propria decisione personale, per cui è uno strumento che a volte a poco a che vedere con il vero gusto per i cibi. Disgusto può essere vissuto come una qualità positiva, tipo un atteggiamento altero e snob che ti permette di allontanarti dalle persone o situazioni nocive, imbarazzanti, negative. Non importa se un cretino ti giudica snob, a te lui non piace e lo tieni alla larga, il tuo disgusto ti mette in salvo. Ovviamente se Disgusto diventasse la padrona delle emozioni diventerebbe una persona super irritabile, schizzinosa, permalosa ed intrattabile, perchè qualsiasi emozioni pura è nociva e nevrotica.

LA PAURA DI AVERE PAURA
Ci sono due tipi di paura da tenere ben definite e sotto bada senza nessuna paura: esiste in noi la paura innata della sopravvivenza, quindi è l'emozione che protegge Riley dai pericoli. Paura della velocità, paura di eccedere con alcool, paura di rischiare, ecc. Questa paura è sana, ci tiene alla larga dal pericolo, è sempre un'allarme istintiva, un salvavita. Se invece la paura prende il dominio di tutte le emozioni diventa psicotica, nevrotica, ermetica quindi para della stessa paura, la persona si chiude in se stessa come un riccio e non esce più: paura di parlare, di chiedere, di fare una domanda, di amare, paura di sognare, paura di tutta, persino paura di vivere. Questa paura è una delle peggiori malattie esistenziali che possa subire una persona, ed è una pura che spesso nasce dal senso morale del dovere (paura dell'inferno) una dei mezzi più avvelenati con cui si dominano le coscienze a livello sociale ed istituzionale. In primis i figli non devono mai avere PAURA di un genitori, altrimenti sono fregati a vita, vi si annida in quella paura ogni sorta di trauma. Infatti nel film tutto è bloccato perchè Riley ha paura di dire ai genitori che sbagliano nei suoi confronti, una volta vinta questa paura tutto si scioglie e si trova una soluzione.

EMOZIONI O COSCIENZA?
Il film sembra catalogare tutte le emozioni nel loro insieme come se fossero la nostra coscienza, il che in parte ha una ragione, nel senso che è attraverso quelle emozioni che noi ne prendiamo coscienza degli eventi e delle cose, ma la coscienza va oltre, le emozioni sono e ne fanno parte sentimentale ,a oltre al sentimento c'è anche la ragione, ovvio nel film siccome ogni emozione è rappresentata da un personaggio che parla e ragione, si perde di vista oltre il sentimento emotivo il fatto che abbiamo un altra potenza dell'anima e cioè l'intendimento, quindi non è un inno alla materia come se le emozioni fossero soltanto corporee, ma queste sono indizi di una dimensione spirituale che nella coscienza cerca un armonia e da tale armonia dipende il benessere interiore (o salute psichica) di ogni persona. Quindi non sono le emozioni a governare la nostra mente, ma è la nostra mente a cedere alle emozioni la parte che lei crede sia più conveniente soltanto quando la MENTE (coscienza) ne diventa matura, spirituale appunto, finchè ci non avviene, il bambino è preda dell'istinto e le emozioni. L'unica pecca quindi del film è che è la dimostrazione di come funziona la mente ma senza la mente, solo attraverso la mente delle emozioni, quando nella realtà le emozioni senza consapevolezza hanno solo un istinto animale, biologico, naturale, con la consapevolezza le emozioni hanno un istinto spirituale ragione per cui sanno guidarsi in maniera equilibrato. Diamo un occhiata alla console della madre di Riley per comprendere un po più di maturità.

LA MENTE IN MENTE NON MENTE
Come detto prima questo film è un racconto della Mente senza la Mente, i personaggi sono emozioni ma non c'è la mente personificata. Mente la mente o console di Riley è dominata dalla volubilità di emozioni bambini, la mente del Padre sono tutte emozioni con i baffi come Bill, maschili, dove prevale la Rabbia e il suo istinto è collerico. Invece Jill Andersen è la madre di Riley. Ha un carattere molto gentile e tranquillo ed è molto affettuosa con la figlia, perchè? Per la sua empatia, la sua mente ha la stessa emozioni prevalente della figlia: Tristezza, vista qui non solo come un’emozione negativa, ma come l’unica in grado di creare Empatia; è proprio Tristezza infatti a donare la capacità di avvicinarsi all’altro, riconoscerne la sofferenza e costruire legami profondi. Non per niente è Tristezza/Empatia a controllare il Quartier Generale della mente della mamma di Riley, la prima capace di accorgersi se c’è qualcosa che non va nella figlia, il fatto che tutte le emozioni della madre abbiano gli occhiali non vuol dire che sono cieche, ma che hanno visto fin troppo!!!.

UN ANIMA IN CRESCITA
Inside Out ci insegna che l'anima di cui il carattere è la sua impronta, va formata, educata, coltivata, ma la prima cosa che noi ci troviamo davanti è il SENTIRE non il PENSARE, per questo il film è basato ed incentrato in primis sulla vita di una bambina e secondo sull'emozioni, le due realtà che tutti noi viviamo inizialmente, se la persona rimane bambina è ovvio che resterà schiava delle sue emozioni irrazionali, quindi INCONSAPEVOLI. Se invece ci mettiamo in ascolto e confronto con quella dimensioni nasce il Sè reale, io IO maturo, la personalità consapevole quindi definitiva (non definita dall'emozioni), costruendosi un’anima, come direbbe il filosofo armeno Gurdjieff, basta scendere nei depositi dei file o ricordi immagazzinati nella memoria o ricordi o persino nel cestino (inconscio) e là v si ritrova tutto il nostro passato e quello dell'umanità. Senza questo collegamento con la mente e la consapevolezza, le emozioni sarebbe senza Emozione cioè senza una ragione, senza un motivo, senza un ANIMA. Noi non siamo solo istinti puri, sensazioni materiale, ma come il film insegna, le emozioni specialmente quelle più assurde hanno bisogno di un viaggio di salvezza, di ritrovo e di ricerca di un senso o ragione esistenziale che è ala fine spirituale: amore ed armonia nelle relazioni, pace e felicità in se stessi.

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